Il noleggio luccica, ma non è tutto oro

Con un parco che ha ormai superato il milione di unità, la formula dell’utilizzo al posto della proprietà cresce nel gradimento degli automobilisti, ma l’impatto della crisi del diesel inizia a colpire le tasche dei clienti

 

di Salvatore Saladino, Country Manager Dataforce Italia

 

Il noleggio è ormai diventato il nuovo punto di riferimento della mobilità degli automobilisti italiani, sia nell’ambito business sia nelle esigenze di trasporto dei privati. La flotta a noleggio, secondo i dati emersi dall’ultimo rapporto Aniasa (l’associazione che raccoglie gli operatori del noleggio e del car sharing) ha ormai superato il milione di veicoli. Tra rent-a-car (5,3 milioni di noleggi a breve termine nel 2018 con un parco medio annuo di 130.000 unità), car sharing (12 milioni di utilizzi lo scorso anno) e noleggio a lungo termine (che ha raggiunto una flotta di 900.000 veicoli nel 2018 utilizzati da 77.000 aziende di ogni dimensione, 2900 imprese e organismi della Pubblica Amministrazione e 65.000 privati, cui se ne aggiungeranno almeno altri 50.000 quest’anno), l’alternativa all’acquisto è una realtà consolidata.

Il noleggio sembrerebbe anche la risposta per chi non sa quale alimentazione scegliere da quando la demonizzazione del diesel ha ridotto la propensione all’acquisto di questo tipo di alimentazione nel timore di vedersi bloccare la circolazione e di trovarsi per le mani un’auto invendibile al momento della sostituzione. Il rent come panacea per tutti i mali che affliggono la mobilità? No, non è così, purtroppo. Anche i noleggiatori devono sottostare alle regole che governano il mercato dell’automobile, con conseguenze dirette sulle tasche degli automobilisti. Ne è un chiaro esempio l’aumento dei canoni di noleggio che alcuni operatori stanno applicando nel 2019, che hanno avuto come immediata conseguenza una battuta d’arresto nella crescita dei contratti, dopo anni di aumenti dei volumi a due cifre percentuali. Se fino al 2018 i player più aggressivi del mercato puntavano più all’aumento della flotta piuttosto che sulla marginalità, da quest’anno i canoni sono meno competitivi, nell’ottica di assorbire meglio il prevedibile impatto economico negativo quando le centinaia di migliaia di automobili a gasolio oggi presenti nel loro parco dovranno essere rivendute. Le flotte dei noleggiatori a lungo termine sono ancora per oltre il 70% diesel, mentre la media delle nuove immatricolazioni ora non supera il 44%. Poiché il business del noleggio si basa fondamentalmente sulla “scommessa” su quale sarà il valore residuo del veicolo, i noleggiatori stanno correndo ai ripari, con l’aumento dei canoni dei nuovi contratti, riducendo fortemente la rete periferica dei venditori (i broker) e in alcuni casi addirittura effettuando tagli al personale.

Ma il noleggio, sia a breve termine sia a lungo termine, è anche uno dei canali “paracadute” utilizzati dai costruttori: nel 2018 il NLT e il RAC hanno immatricolato moltissimi veicoli rispondenti a normative antinquinamento Euro 6b in procinto di diventare obsoleti, buona parte dei quali alimentati a gasolio. Infine, da un po’ di tempo a questa parte, il rent sta anche diventando uno dei canali di smaltimento delle km zero: il cliente ottiene il vantaggio della pronta consegna, ma in cambio deve “accontentarsi” di un’auto non esattamente configurata su misura.

Anche il problema dell’eco-tassa ha visto i noleggiatori in prima linea nell’immatricolazione di grandi volumi di veicoli con emissioni superiori ai 160 g/km di CO2: secondo l’analisi che Dataforce ha realizzato in esclusiva per l’Automobile, le immatricolazioni a noleggio a lungo termine di automobili con emissioni di livello superiore al limite che sottopone al pagamento dell’ecotassa sono schizzate verso l’alto dell’83,8% nel primo quadrimestre di quest’anno. E non è soltanto un effetto delle immatricolazioni dei mesi precedenti all’entrata in vigore della nuova tassa (l’1 marzo scorso). Anche ad aprile la tendenza all’incremento è stata vigorosa: +71,38%. In questo fenomeno si intravede lo zampino dei costruttori, che hanno concesso ai noleggiatori sconti superiori al passato su questi veicoli (a dire il vero, anche nei confronti dei privati le campagne promozionali prevedono bonus maggiorati per assorbire almeno parzialmente l’ecotassa). I noleggiatori, però, possono nascondere meglio l’impatto dell’ecotassa perché ne spalmano il costo lungo tutto il periodo di locazione (generalmente da 36 a 48 mesi). Un vantaggio per il cliente? Insomma… Dipende da quale misura il noleggiatore caricherà (in tutto o in parte) l’ennesima gabella che ha colpito gli automobilisti.