Il mercato dell’auto nel 2020: la stangata sul fringe è cancellata, l’incompetenza resta

Nella Legge di Bilancio 2020 era inizialmente previsto un inasprimento della tassazione sulle flotte aziendali che avrebbe portato a una vera e propria crisi del comparto, già penalizzato dalla peggiore fiscalità d’Europa: ennesima dimostrazione di una classe politica impreparata

di Salvatore Saladino, Country Manager Dataforce Italia

 

Al momento in cui questo numero de L’Automobile viene chiuso in redazione, il teatrino parlamentare sulla Legge di Bilancio, ed in particolare sulla sezione del fringe benefit, sembra sia finalmente volto al termine. Settimane in cui si è detto ed è successo di tutto, che hanno comunque avuto conseguenze e ricadute, anche economiche, sul comparto. L’intento dell’Esecutivo di raddrizzare i conti dello Stato colpendo nuovamente gli automobilisti, che avrebbe avuto risultati opposti da quelli previsti dal legislatore, si è per fortuna tradotto in un nulla di fatto. Ma, a ben vedere, la fortuna c’entra poco, visto che stavolta tutte, ma davvero tutte, le persone di buon senso hanno sollevato gli scudi contro una misura che definire demenziale è fargli un complimento. Produttori, concessionarie, noleggiatori, associazioni di settore e anche elementi del Governo. Scampato pericolo? Meno male…

Addio alle conseguenze drammatiche per il mercato

Quali le conseguenze per il mercato? Il terrore per l’entrata in vigore della manovra ha avuto una (positiva, ma effimera) corsa all’immatricolazione delle vetture da fringe benefit entro la fine del 2019, e un crollo verticale delle vendite di auto aziendali. Il paventato prolungamento massivo dei contratti in scadenza non è più un effetto da attendersi, se non per una quota minima di contratti di noleggio per i quali il valore residuo stimato resta troppo elevato e quindi conviene al noleggiatore proporre il prolungamento. Da metà del 2020 però avverrà un deciso spostamento delle policy aziendali a favore di modelli a basse emissioni. Perché, in tanta confusione, una cosa appare chiara: la fiscalità prossima ventura sull’automobile sarà basata sulla penalizzazione delle auto ad alimentazione tradizionale, sulla base del parametro delle emissioni di CO2. E a farne le spese saranno soprattutto le flotte aziendali, ossia gli automobilisti che, per motivi di lavoro, percorrono decine di migliaia di km all’anno.

Previsioni negative per il 2020

Pur di fronte a una retromarcia, le previsioni per il 2020 non possono che essere negative: sul mercato regna l’incertezza della mancanza di una regia, di una strategia e di una visione di lungo periodo. Secondo il forecast di Dataforce, quest’anno le immatricolazioni Passenger Cars perderanno altre 60.000 unità: metà saranno mancate vendite ai privati. Che ancora non sanno su quale tipologia di alimentazione puntare: l’auto elettrica è ancora troppo costosa (in assenza di provvedimenti strutturali d’incentivazione all’acquisto), un calo del 7% circa anche negli acquisti diretti delle flotte aziendali, perché la ventilata stangata ha ristretto la volontà di spesa delle imprese che, in attesa di lumi, preferirà rimandare gli acquisti. Il noleggio a breve termine dovrebbe calare leggermente, anche per il fatto che alcune società di “lungo” immatricoleranno una maggior quota di vetture di “breve”. E anche il supporto delle auto-immatricolazioni continuerà il trend discendente iniziato lo scorso anno, alleggerendo un po’ la pressione sugli stock delle concessionarie.

L’unico canale che potrebbe dimostrare una tendenza all’attivo sarà il noleggio a lungo termine: la vitalità dell’offerta con prodotti sempre più modulabili e differenziati, la forza commerciale crescente delle società captive, l’indubbio valore di tali proposte come rimedio all’incertezza, fanno ben sperare.

Atteggiamento incompetente, visione contingente, nulla di strutturale

Quello che lascia sconfortati è l’evidente e totale incompetenza di chi la manovra economica l’ha scritta e proposta, creando allarmismo, incertezza e panico in tutto il sistema Paese. Sentire poi gli stessi promotori della manovra vantarsi di averla tolta è qualcosa di aberrante.

D’altro canto, questa è una vittoria parziale e anche misera, visto che tutti gli attori delle filiere colpite hanno utilizzato le stesse armi e lo stesso campo di battaglia del legislatore, lottando per cercare di ottenere rimodulazioni che hanno complicato ulteriormente lo scenario normativo (come da brutta abitudine italica) pur ottenendo un buon risultato parziale.

Vogliamo ricordare il superbollo che ha distrutto il mercato delle auto di alto livello con un bilancio negativo per l’Erario? Il super-ammortamento che ha sì aiutato alcune fasce del comparto ma che resta misura non strutturale e che ha chiaramente dimostrato l’ottima elasticità della domanda rispetto al fattore fiscale, senza che mai, in quel di Montecitorio, sia venuto in mente di sfruttarla tale elasticità? Adesso il “nuovo” fringe benefit, con fasce e temporalità differenziate, per non parlare dell’ennesimo rinnovo triennale della deroga della detraibilità dell’IVA che dovrebbe scattare dal 2020 senza che nemmeno esista più il motivo per la quale venne concessa la prima volta? Possibile che nessuno voglia portare avanti il solo argomento del semplice allineamento della fiscalità dell’auto a quella dei principali paesi europei? 100% di deducibilità e detraibilità? Nessuno che sappia calcolarne e sfruttarne (anche politicamente) i benefici? Questo e solo questo dovrebbe essere il mantra dell’automotive qui in Italia. Ma la realtà, purtroppo, è ben più fosca.