Dopo i primi 5 mesi del 2020, il mercato dell’auto fa segnare un saldo negativo del 49,93%: 494.617 immatricolazioni (Passenger Cars + Light Commercial Vehicles) rispetto alle 987.765 dello stesso periodo del 2019. Sono i risultati del Coronavirus e del conseguente lockdown: a marzo dealer e noleggiatori hanno immatricolato per poco più di una settimana prima dell’ordine di serrata (risultato finale del mese: -84,49%), ad aprile la chiusura delle attività è stata pressoché totale (con un saldo mensile del -97%), a maggio, con i dealer che hanno riaperto i saloni il giorno 4, le vendite si sono dimezzate (-48,75%).
Nel quinto mese dell’anno le immatricolazioni Passenger Cars sono state solamente 99.990 (-49,51%), quelle dei commerciali leggeri 10.095 (-39,75%). Ovviamente nessun canale si è salvato dal momento di crisi generale. Il noleggio a breve termine rimane completamente azzerato: i rent-a-car hanno targato solamente 2.238 vetture (-92,28%). Ma non solo: il NBT ha disdettato tutte le previsioni d’acquisto perché la stagione 2020 è ormai compromessa, con il turismo estero che difficilmente tornerà a frequentare il nostro Paese quest’anno con la stessa intensità di prima e il comparto business che stenterà a riprendere la circolazione, nonostante da inizio maggio la maggioranza delle attività lavorative abbia già riaperto e le altre che seguiranno più o meno a ruota. Sempre a maggio, le auto-immatricolazioni dei costruttori e dei concessionari si sono fermate a 7.668 unità (-64,59%), con l’unico risultato che queste già poche vetture vanno a ingrossare le fila delle auto invendute nei piazzali e nei depositi. I noleggi a lungo termine hanno targato 16.867 vetture (-49,51%), i privati 68.106 (-35,23%) e gli acquisti diretti delle imprese sono stati 5.111 (-42,07%). Attenzione, però: il 50% di maggio è un risultato raggiunto soltanto perché sono stati finalmente immatricolati e consegnati i veicoli che i clienti non hanno potuto ritirare durante il lockdown; l’afflusso di nuovi contratti e nuovi ordini è, a detta delle reti di vendita, assolutamente disastroso.
Se ad aprile nel comparto del NLT I Top Player generalisti avevano completamente azzerato le attività di immatricolazione (soltanto 130 vetture targate), con gli operatori Captive un po’ più operativi (1.279 unità), a maggio i generalisti hanno raggiunto quota 10.105 targhe (-37,93%), mentre i distributori emanazione dei costruttori si sono fermati a 6.471 (-60,43%).
Breve fase 2, inizia la fase 3
Dopo risultati così devastanti, è meglio concentrarsi sulle prospettive future. Il ritorno alla normalità avverrà per gradi, ma l’efficacia della ripartenza del mercato non è legata soltanto alla durata della pandemia e al periodo di rallentamento del contagio nelle varie zone del Paese, bensì rifletterà la situazione economica generata dal Covid-19. L’Italia è tra le nazioni più colpite non soltanto a livello sanitario, ma la debolezza della situazione congiunturale anche precedente alla pandemia, unita all’esposizione finanziaria nei confronti dell’Unione Europea e i vincoli di rispetto del rapporto deficit-Pil stanno rendendo più problematica la ripartenza.
Sono necessari provvedimenti strutturali di sostegno alle imprese, ai lavoratori e alle loro famiglie e agli strati sociali più deboli. Il comparto automotive resta fondamentale perché rappresenta tra industria manifatturiera e aziende della distribuzione, dei servizi e dell’assistenza, oltre l’11% del Pil. Il rilancio deve passare necessariamente da un provvedimento statale di incentivazione all’acquisto (nuovo o “usato fresco”), abbinato alla rottamazione di veicoli vecchi per i privati, parametrato a sgravi fiscali allineati al resto d’Europa nel settore delle flotte aziendali piccole e grandi. Per il momento, sembra alle porte il ritorno di una nuova fase di bonus-rottamazione, commisurata in termini di contributo statale al livello di emissioni di CO2. I veicoli da togliere dalla circolazione, stando alle prime informazioni che filtrano dal Ministero dell’Economia, potrebbero essere quelli che appartengono alle categorie dall’Euro 0 all’Euro 4 compreso, con un’età superiore ai 10 anni.
Per dare un’idea della potenziale portata di questo provvedimento, giova ricordare che nel nostro Paese circolano 39,5 milioni di automobili, secondo le ultime stime ufficiali dell’Aci, consolidate alla data del 31 dicembre 2019 (sono invece oltre 51 milioni considerando tutte le tipologie di veicoli), di cui 9 milioni di Euro 6, circa 7 milioni di Euro 5, 10,6 milioni di Euro 4 (la categoria più numerosa), 4,9 milioni di Euro 3, 3,3 milioni di Euro 2, circa 1 milione di Euro 1 e 3,7 milioni di Euro 0. Sono dunque 23,4 milioni le automobili di categoria ambientale dall’Euro 0 all’Euro 4, quelle che, secondo le ipotesi attualmente al vaglio del Governo, potrebbero rientrare nella prossima campagna di rottamazione con contributi dello Stato. Che, depurate delle 900.000 vetture Euro 4 con età inferiore a 10 anni, rappresentano un potenziale rottamabile di ben 22,5 milioni di unità. Ma nel Decreto Rilancio, quello che secondo gli intendimenti del Governo dovrebbe aiutare l’economia italiana a uscire dalle secche, non c’è alcuna traccia di incentivi all’acquisto di automobili, mentre invece hanno ricevuto un sontuoso “boost” le vendite di biciclette a pedalata assistita e di monopattini elettrici.
Maglie larghe o strette?
Sempre ammesso, quindi, che questi incentivi per il rilancio del mercato arrivino effettivamente, il successo del provvedimento è strettamente legato agli importi del contributo (attualmente ancora da definire) e al limite di emissioni di CO2 prescelto. Si presentano quindi quattro scenari differenti, che Dataforce ha tradotto in un forecast delle immatricolazioni 2020 che prevede quattro risultati profondamente diversi sulla base delle scelte effettuate dall’Esecutivo.
La prima, in assenza di incremento degli attuali incentivi, che favoriscono esclusivamente le vetture elettriche e le ibride plug-in, porterebbe il saldo finale del 2020 a 1.070.000 immatricolazioni Passenger Cars (nel 2019 furono 1.919.617), con un calo del 44%, e a 113.000 immatricolazioni Light Commercial Vehicles (nel 2019 furono 179.315), con una perdita del 37%. Le vetture nella fascia di emissioni da 0 a 60 g/km sfiorerebbero le 26.000 unità. Nella fascia compresa tra i 61 e i 95 g/km, il mercato sarebbe in grado di produrre complessivamente 143.000 nuove targhe. In quella dove si attesta oltre la metà delle immatricolazioni, ossia tra i 96 e i 125 g/km, il risultato di fine anno raggiungerebbe le 676.000 targhe. Poco più di 190.000 sarebbero le immatricolazioni nella fascia da 126 a 160 g/km e, infine, circa 34.000 le auto oltre i 160 g/km.
NLT in crescita di quota, ma…
A livello di canali di vendita, i privati manterrebbero una quota attorno al 56% (con un calo di market share inferiore al punto percentuale), le flotte aziendali che utilizzano la formula dell’acquisto diretto rimarrebbero al 4,7% come nel 2019.
Salirebbe, invece, il ricorso al noleggio a lungo termine, che raggiungerebbe una quota del 20,6% (14,7% nel 2019), ma il significativo incremento di market share non si tradurrebbe in numeri assoluti di immatricolazioni, che scenderebbero dalle 282.000 del 2019 a 220.000 circa. il noleggio a breve termine crollerebbe invece dal 9,3% al 4,7% (passando da 179.000 immatricolazioni a 50.000), mentre le auto-immatricolazioni dei costruttori e dei concessionari rimarrebbero stabili attorno al 14% di quota (arretrando nei volumi da 274.000 a 150.000 unità).
Il secondo scenario, quello dell’estensione degli incentivi alla soglia dei 95 g/km, con un’apertura teorica a tutti gli altri tipi di alimentazione oltre alle già incentivate elettriche e ibride plug-in, comprenderebbe in più nella realtà soltanto qualche modello di mild-hybrid e pochissime auto diesel e ancora meno a benzina. Consentirebbe al mercato vetture di raggiungere un livello di immatricolazioni di quasi 1,2 milioni di unità. I volumi aggiuntivi, insomma, sfiorerebbero le 130.000 unità, comunque insufficienti a salvare i bilanci del comparto. Il settore dell’automotive rischierebbe una crisi irreversibile per una larga fetta delle reti di vendita e anche l’industria manifatturiera verserebbe in uno stato di difficoltà mai sfiorato in precedenza. Con conseguenze drammatiche sul versante occupazionale.
La strada giusta
Il terzo scenario prevede l’estensione dei bonus all’acquisto fino alla fascia di emissioni di CO2 fino ai 125 g/km: questa è per Dataforce l’unica strada possibile per risollevare realmente il mercato fin dal 2020. In questo caso il nostro forecast prevede un mercato Passenger Cars di poco superiore a 1,6 milioni di immatricolazioni con un incremento di circa 400.000 unità rispetto all’ipotesi più restrittiva del limite di incentivo a 95 g/km. Il quarto scenario che prevede incentivi fino a 160 g/km è totalmente utopistico di fronte a un Governo incapace di comprenderne i benefici, ma porterebbe il mercato vetture a chiudere intorno a 1,8 milioni di immatricolazioni, di poco sotto al 2019, riportando quindi il risultato a un livello sostenibile già quest’anno, nonostante due mesi quasi a zero e la faticosa ripartenza.
Nell’ambito dei veicoli commerciali leggeri, un incentivo all’acquisto limitato a 95 g/km porterebbe a volumi di vendita aggiuntivi quasi trascurabili. Nettamente migliore l’impatto di un bonus esteso ai 125 g/km: il saldo sarebbe di quasi 20.000 unità in più rispetto al forecast senza incentivi. Il raggiungimento del livello dei 160 g/km porterebbe il mercato LCV 2020 a sole 18.000 unità in meno rispetto al 2019, per un totale di immatricolazioni di oltre 161.000 commerciali leggeri. Per i commerciali, comunque, le prospettive sono un po’ più rosee, come vedremo più avanti.
L’incentivo dei costruttori
Sembra assurdo, ma un risultato “positivo” il Coronavirus” l’ha provocato: le temute sanzioni per lo sforamento del livello medio di emissioni di CO2 sulle auto vendute dai costruttori quest’anno, avranno un peso inferiore sulle casse degli OEM, e potrebbero addirittura essere sterilizzate. In vista delle sanzioni, i fabbricanti avevano accantonato miliardi di euro di riserve. Le lobby dei costruttori potrebbero quindi fare pressione sulle Istituzioni europee affinché si rimandi l’applicazione delle multe da sforamento. L’UE potrebbe abbuonare le sanzioni, magari obbligando i costruttori a investire le risorse accantonate per favorire gli acquirenti: un bonus che contribuirebbe a una spinta ulteriore al rilancio del mercato.
Le difficoltà del noleggio
Pur ammettendo che gli incentivi statali siano estesi anche al noleggio a lungo termine, e che venga proposto anche un provvedimento a favore del comparto business, basato per esempio sul ritorno del super-ammortamento, abbinato magari all’innalzamento della deducibilità dei costi e della detraibilità a livello del resto d’Europa, il periodo che i noleggiatori a lungo termine si trovano ad affrontare non sarà facile. Il problema di accesso al credito da parte di molti clienti costituirà un ostacolo enorme: aziende in crisi di liquidità, che non sono in grado di rispettare i pagamenti verso i fornitori, ben difficilmente otterranno fiducia. Il problema riguarderà soprattutto le imprese di medie e piccole dimensioni, le ditte individuali, i lavoratori autonomi e professionisti: i più colpiti dalle conseguenze economiche del Covid-19. Minori problemi, forse, per il comparto Corporate e per i privati con reddito fisso. Una soluzione alla portata parrebbe quella dell’utilizzo della carta di credito per il pagamento delle rate di noleggio, che permetterebbe di diminuire il numero delle proposte di locazione respinte dalle direzioni finanziarie.
Alla problematica della solvibilità, si aggiungeranno difficoltà nelle procedure di consegna e di ritiro dei veicoli, anche nell’ambito dell’assistenza. Il servizio di pick-up è una delle soluzioni da applicare, così come il potenziamento delle strutture di consegna dei veicoli nuovi direttamente all’indirizzo del cliente. Il comparto dei veicoli commerciali, invece, potrebbe dare segnali di ripartenza anticipata e più strutturata: l’emergenza della pandemia ha avuto come risvolto un potenziamento, che in futuro si concretizzerà ulteriormente, delle aziende di logistica, un settore che si rivelerà sempre più fondamentale.
La graduatoria dei player
Accenniamo infine all’andamento della classifica degli operatori di noleggio a lungo termine, su base dati gennaio-maggio 2020. Nei primi 5 mesi di quest’anno la classifica presenta il mantenimento della prima posizione da parte di Leasys. La captive di FCA Bank aumenta il divario sul secondo in graduatoria, Arval. Leasys ha immatricolato nei 5 mesi 21.512 veicoli (Passenger Cars + Light Commercial Vehicles), mentre Arval 16.857. Dopo il forte aumento delle immatricolazioni, che nei primi due mesi aveva sfiorato il 40%, i dati di marzo-aprile e, in parte, maggio, hanno ovviamente fatto scendere a precipizio il volume delle targhe: nel cumulato annuo Leasys è a -48,4%, con una flessione delle consegne di oltre 20.000 unità. L’arretramento di Arval è stato del 38,2%, con una perdita di consegne pari a 10.407 unità. In terza posizione è ritornata ALD Automotive, che nel primo bimestre era stata sorpassata da Volkswagen Leasing. La società controllata dal gruppo bancario francese Société Générale ha immatricolato da gennaio a maggio 10.445 unità tra Passenger Cars e Light Commercial Vehicles, con un flessione rispetto allo stesso periodo del 2019 del 44,2%, pari a oltre 8.000 unità in meno. In quarta posizione Volkswagen Leasing, che si mantiene tuttora davanti a LeasePlan con un saldo che, al termine di maggio, è di -36,8%. La società di noleggio a lungo termine del Gruppo Volkswagen ha immatricolato da gennaio a maggio 10.238 veicoli, perdendone circa 6.000 nei confronti del 2019.
LeasePlan occupa la quinta posizione: ha immatricolato 8.398 vetture e veicoli commerciali leggeri, 8.732 in meno di gennaio-maggio 2019, per un calo percentuale di 51 punti. Mentre per Arval, ALD e VW Leasing la quota di mercato appare in crescita (rispettivamente di 2,4, 0,4 e 1,7 punti di share), per Leasys e LeasePlan i 5 mesi hanno portato in dote una diminuzione della market share (rispettivamente scesa dell’1,2% e dell’1%). I cinque operatori che dominano la graduatoria detengono attualmente queste quote di mercato: Leasys 25,2%, Arval 19,8%, ALD Automotive 12,2%, VW Leasing 12% e LeasePlan 9,8%. Complessivamente raggiungono una market share dell’79%, 2,3 in più rispetto al 2019. Nelle posizioni successive, Car Server (-43,2% sul 2019) è davanti a SIFÀ (-37%) e ad Alphabet (-13,5%), Free2Move Lease (Gruppo PSA, +5,1%), Mercedes-Benz Charterway (-45,2%), ES Mobility (la captive di Renault-Nissan, -3,1%), Athlon (-86,9%), Rent2Go (-25,8%), Program, Toyota Fleet Mobility, Pan e GFC.
Le classifiche PC e LCV
Nel comparto dei Light Commercial Vehicles, la graduatoria del noleggio a lungo termine è molto diversa: al primo posto Arval (-48,7% rispetto a gennaio-maggio 2019) che ha preceduto Leasys (-35,2%). Nelle posizioni seguenti si sono piazzate ALD Automotive (-46,4%), LeasePlan (-44,5%), Car Server (-11,2%), SIFÀ (-52,5%), ES Mobility (-33,6%), Volkswagen Leasing (-35,9%), Free2Move Lease (+11,8%), Athlon (-39,1%), Rent2go (+56,4%), Alphabet, Mercedes-Benz Charterway, Program, PAN e Toyota.
Nell’ambito della classifica relativa alle sole Passenger Cars, dopo Leasys e Arval ritorna al terzo posto ALD Automotive, seguita da Volkswagen Leasing, LeasePlan, Alphabet, Car Server, Mercedes Free2move Lease, ES Mobility e SIFÀ. Nelle posizioni di rincalzo, Athlon, Rent2go, Program, Toyota, GFC e PAN.