Blocco totale delle vendite in Italia. Non era mai successo negli ultimi cento anni
di VINCENZO BORGOMEO
Colpito e affondato: a marzo in Italia il mercato dell’auto è praticamente morto. Le vendite hanno subito un calo dell’85,4%, attestandosi a quota 28.326 unità.
Un tracollo che tutti si aspettavano, ovvio, ma non in questa misura, anche con il blocco della mobilità e la chiusura delle concessionarie.
Nel periodo gennaio-marzo 2020 la motorizzazione ha immatricolato quindi in tutto appena 347.193 autovetture, con una variazione di -35,47% rispetto al periodo gennaio-marzo 2019, durante il quale ne furono immatricolate 538.067. Nello stesso periodo di gennaio-marzo 2020 sono stati registrati 818.618 Trasferimenti di proprietà di auto usate, con una variazione di -26,98% rispetto a gennaio-marzo 2019, durante il quale ne furono registrati 1.121.098. Siamo insomma al tracollo. Dati così negativi non si sono mai visti in oltre 100 anni di storia di motorizzazione. Basti dire che – in termini assoluti – siamo tornati alle vendite che c’erano in Italia negli anni Sessanta. Ma con una piccola differenza: nel 1960 noi avevamo 2.431.171 auto in circolazione. Oggi siamo a 38.360.000… Un incubo.
La previsione quindi è ancora più cupa del previsto perché c’è da aspettarsi che fra marzo ed aprile il mercato auto possa perdere 350.000 pezzi, quindi con un calo del 60% su base annua. E questo arriva dopo un periodo di crisi visto che nel 2007-2019, di fronte ad un calo del 23,2%, persero il lavoro circa 30.000 lavoratori del sistema di distrubuzione.
Poco prima dell’arrivo dei dati ufficiali in mattinata si è levato forte il grido di dolore (e accusa) dell’Unrae, associazione costruttori, che ha chiesto immediato aiuto al governo.
In questo contesto Fca a marzo ha immatricolato 4.649 auto, con un calo del 90,34% rispetto ai 48.109 dello stesso mese dell’anno scorso. la quota di mercato scende al 16,41% dal 24,76%. Nel primo trimestre dell’anno, Fca ha venduto così 85.875 autoveicoli, il 35,04% in meno rispetto ai primi tre mesi del 2020. La quota di mercato è risultata pari al 24,73% contro il 24,57% dell’anno prima.
Serve insomma una scialuppa di savataggio. “Abbiamo bisogno – spiega Adolfo De Stefani Cosentino, Presidente di Federauto, la Federazione dei concessionari auto – di grande attenzione da parte del Governo perché il nostro settore ha tutti i numeri per giustificarla: mi riferisco al dato occupazionale, al peso sul PIL, alle entrate fiscali che generano la vendita, l’assistenza e la gestione degli autoveicoli. Apprezziamo le misure sulla cassa integrazione ma sono insufficienti a fronteggiare una situazione senza precedenti in cui bisogna governare imprese complesse, settate su volumi di attività che nessuno sa quando potranno essere nuovamente raggiunti”.
Di certo qualcosa bisognerà per forza fare davanti ad un quadro così nero. “Senza una immediata abolizione delle sanzioni CO2 per il 2020 – spiega infatti Salvatore Saladino, Country Manager di Dataforce Italia – senza l’allineamento fiscale dell’automobile a quello applicato da Germania, Gran Bretagna e Spagna, senza un piano coordinato di incentivi alla rottamazione e all’acquisto non solo di vetture nuove ma anche km0 e usato almeno Euro5 senza distinzione di alimentazione, senza il termine delle azioni ingiustificate di limitazioni alla circolazione che gravissimi effetti hanno avuto sui consumatori e (dimostrazione dell’ignoranza di chi le impone) sull’aria che respiriamo, le conseguenze di mercato e occupazionali saranno devastanti”.
“Inoltre – conclude Saladino – tutto questo dovrebbe essere azione concertata e condivisa dall’Unione Europea in prima battuta e, a cascata, da tutti gli Stati membri. Stiamo invece assistendo allo spettacolo più indegno di quanto potevamo immaginare: una Europa che non esiste, anzi, che si mette di traverso nel momento più cruciale. Un governo che fa proclami senza attuare nulla e non perdendo occasione per esasperarci con una burocrazia che sa tanto di presa in giro”.
Secondo Gian Primo Quagliano, direttore del Centro Studi Promotor, è comunque indispensabile mettere a punto da subito gli strumenti per rilanciare la domanda non appena l’emergenza finirà. “In sostanza – spiega – bisogna prevedere senza indugio un meccanismo di incentivazione della domanda in grado di favorire, non solo l’acquisto di auto verdi, ma anche di auto ad alimentazione tradizionale di ultima generazione a fronte della rottamazione di modelli di generazioni precedenti, non escludendo la rottamazione incentivata di auto usate molto inquinanti con auto usate più recenti. Il modello dovrebbe essere quello del 1997 quando gli incentivi ebbero effetti molto significativi, con costi interamente coperti dal maggior gettito Iva sulle vetture vendute con incentivi, con la mobilitazione di una parte dell’ingente patrimonio costituito dal risparmio dei privati e con un contributo allo sviluppo del Pil stimato dalla Banca d’Italia in 0,4 punti percentuali”.