La prima volta… era il 1997! C’erano Prodi e Bersani. Fu un successo e gli incentivi alla rottamazione delle auto “vecchie” contribuirono, da soli, a far salire il Pil di quell’anno dello 0,4%, come certificò la Banca d’Italia.
Oggi ritornano. Sì, gli incentivi, quelli che dovrebbero rianimare il mercato automobilistico italiano che langue in stato comatoso dopo il trauma Covid-19, dopo l’uragano lock-down, dopo quasi tre mesi di inattività industriale. Ci sono stati parecchi mal di pancia nei partiti italiani quando si è trattato di licenziare questo provvedimento che è arrivato buon ultimo in Europa dopo che tutti i maggiori Paesi dell’Unione avevano varato misure assai robuste perché la filiera dell’automotive si riprendesse e non crollasse mettendo in mezzo alla strada 14 milioni di europei che lavorano in questo settore.
Effetti
Attualmente ci sono 50 milioni di euro che lo Stato ha messo a disposizione degli italiani per gli incentivi per l’acquisto di auto nuove. L’UNRAE (l’associazione fra le Case estere che operano in Italia) e il suo presidente Michele Crisci applaudono all’iniziativa del Governo, anche se insieme a tecnici, analisti ed esperti in genere sono perplessi per l’esiguità dello stanziamento.
Salvatore Saladino, country manager di DataForce, insieme a Laura Gobbini, analista sempre di DataForce, sono delusi:
“L’entità degli incentivi per le vetture con emissioni al di sopra di 60 g/km di CO2 – attacca Saladino – è esigua anche parametrata alla soglia di 40.000 euro, parametro quest’ultimo inutile e populista. Si è puntato sulle auto più economiche anche se chi potrebbe essere interessato a quelle auto è tra quelli che più hanno sofferto durante la pandemia e quindi cambiare l’auto non è fra le loro priorità. Nelle simulazioni che avevamo fatto quando si è iniziato a parlare di stimoli al mercato e che avevano parametri decisamente più favorevoli di quelli che arrivano dalla legge, avevamo calcolato che il mercato avrebbe potuto toccare la soglia del milione e mezzo di auto nuove: un risultato soddisfacente. Con gli incentivi varati non si arriverà nemmeno al milione e trecentomila, ovvero 150.000 pezzi in più della previsione fatta in assenza di intervento statale”.
Perplesso anche il professor Giuseppe Berta che insegna storia Contemporanea presso l’università Bocconi di Milano:
“Questi incentivi sono un segnale di attenzione per la filiera dell’Automotive dopo anni di silenzio. Però manca un quadro per capire che cosa vogliamo fare. Siamo di fronte a una scelta epocale. O puntare sul “convenzionale” incentivando la parte centrale del mercato e quindi le auto standard, oppure accettare la sfida della nuova frontiera tecnologica oggi presidiata da Francia e Germania. Certo, l’Italia non è ancora pronta per l’opzione della mobilità elettrica, siamo indietro con le infrastrutture, però si deve decidere da che parte andare e lo si deve fare ora. Siamo in una specie di circolo vizioso economico-tecnologico che deve essere rotto, magari accettando la sfida di un confronto con i nostri partner europei su quelli che saranno i nuovi scenari dalla mobilità”.
Interlocutoria la posizione di Leonardo Buzzavo, professore dell’Università Ca’ Foscari Venezia:
“Bene gli incentivi inclusi quelli che favoriscono l’acquisto di auto usate. Puntare sullo svecchiamento del parco circolante è una necessità assoluta e impellente. Però le risorse sono limitate. Il confronto con l’edilizia e il “super bonus” varato per quel comparto è avvilente. Anche l’auto dovrebbe avere a disposizione risorse più ingenti poiché anche nella filiera delle auto gli investimenti hanno forti ritorni in termini di lavoro. Purtuttavia, perché le misure siano utili, è necessario sempre avere una visione su dove si vuole arrivare, come si vuole agire. Sarebbe necessario mettere a punto una politica di settore allargata che abbracci l’intero mondo della mobilità e costruisca delle linee guida. E si proceda per gradi con obiettivi da raggiungere in tempi brevi o tutt’al più medi. Se dobbiamo puntare a un mondo decarbonizzato va bene, però a breve si devono togliere dalle strade quanto prima i vecchi catorci inquinanti per cui gli “aiuti” che servono a sostituire auto obsolete vanno benissimo e sono il primo step su una strada ecologicamente premiante!”.
Concessionario
Alle voci di analisti e professori universitari si aggiunge anche quella di un imprenditore, si tratta di Plinio Vanini, titolare di Autorino, una concessionaria, ma meglio definirla un’azienda, valtellinese che ha sedi e vende auto in tutto il nord Italia e che da sempre è un’affidabile “cartina di Tornasole” per capire che cosa sta succedendo sul mercato:
“A oggi – spiega Vanini – le risorse in campo sono troppo poche. Non arriveremo a dicembre! Certo, l’aver creato la terza fascia è stata un buona idea anche perché rappresenta il 27% del mercato italiano… però bisogna credere nell’automotive e spingere su questo tasto. E poi, nei provvedimenti governativi, manca tutto quello che riguarda la defiscalizzazione per le auto per le partite Iva. Se ci si allineasse alle legislazioni dei grandi Paesi dell’Unione Europea, lo stimolo sarebbe grande. Certo, lo Stato in un primo tempo dovrebbe rinunciare a una parte dell’Iva, ma la leva che si creerebbe sarebbe potente e il gettito, su un periodo poco più lungo, sarebbe decisamente più elevato. Per cui sarebbe un affare anche per il fisco! Insomma, qui bisogna avere una visione… perché se no andiamo poco in là. Anche per le nostre aziende. I margini ormai sono all’osso e anche meno. Certo, in questo momento dobbiamo svuotare i piazzali. Poi si dovrà ricominciare a ragionare sui margini che le aziende devono produrre…”.
Che cosa succederà
Ma la partita degli incentivi non è affatto chiusa. Ci aiuta a dare uno sguardo al prossimo futuro degli incentivi appena varati (e nati da un suo emendamento al decreto Rilancio) Gianluca Benamati, bolognese, vicepresidente della commissione Attività Produttive della Camera dei Deputati dove è stato eletto nelle liste del PD.
“La nostra proposta – attacca Benamati – sugli incentivi alla rottamazione l’abbiamo inserita nell’alveo di quello che c’era già, ovvero la legge del 2019 sul bonus-malus ecologico introducendo una nuova fascia incentivata, la terza che comprende le auto con emissioni da 61 a 110 g/km di CO2 con motori anche termici purché omologate Euro 6. Abbiano inoltre rinforzato i bonus per le prime due fasce, riguardanti elettrico e ibrido plug in, e gli incentivi saranno attivi dal 1 agosto al 31 Dicembre 2020. Tutto questo lo abbiamo previsto per sostenere un settore in gravissima crisi ma anche per incentivare la sostituzione dei veicoli più vecchi, insicuri ed inquinanti con modelli di ultima generazione assai meno problematici per l’ambiente e seguendo lo spirito europeo che indica, per il 2021, il valore medio di emissioni di CO2 per le auto nuove di 95 g/k di CO2, consapevoli che la media di emissione in Italia sul nuovo nel 2021 è di circa 114 g/km di CO2. Così oltre ad avere un miglioramento ecologico si è riusciti ad incentivare una ampia fascia di modelli, circa il 50% delle vetture sino ad ora immatricolate. Su questo si è trovato un consenso politico ampio, comprensibilmente per altro, dato che si parla di uno strumento molto efficace per intervenire su uno snodo chiave della nostra economia. In più, per la sua struttura, questo intervento non aiuta solo il costruttore nazionale, che comunque trarrà giovamento da questi incentivi, ma dà una mano concreta alla filiera della componentistica che lavora, come si sa, nella maggior parte dei casi per l’estero, in particolare per la Germania e che quindi ha, sia pur indirettamente, bisogno di un mercato domestico vivace. Da un punto di vista delle coperture dei costi, fra quelle iniziali e lo scostamento di bilancio previsto per il 29 luglio, sono assai ragguardevoli. Quando sarà varato l’ulteriore scostamento di bilancio diciamo che il totale si aggirerà sui 400 milioni per i cinque mesi che restano del 2020. Ovvero: se calcoliamo l’entità mensile dei finanziamenti e lo proiettiamo sui 12 mesi di un anno arriveremmo più o meno un miliardo di euro che è una cifra significativa per la stimolo alla domanda nella filiera dell’auto. Saremo su cifre confrontabili con quelle che hanno messo in campo altri paesi UE seppure per periodi più lunghi. D’altra parte questo intervento statale stimolerà un gettito fiscale superiore allo stanziamento, anche se la Ragioneria ha fatto i conti al netto delle future entrate. In altre parole il nostro obiettivo è quello di portare il mercato delle immatricolazioni di quest’anno dal milione e duecentomila circa attualmente stimabile al milione e mezzo di nuove targhe. Se ci riusciremo la nostra missione sarà un successo!
Tuttavia non ci possiamo fermare qui. A settembre nel piano nazionale delle riforme è previsto che parleremo di automobile. Quindi una nuova fase di incentivi per sostenere la domanda, con il tema delle “ flotte “ aziendali” per uniformare la nostra condizioni a quelle di altri paesi europei, e un intervento strutturale sulla filiera e su come sviluppare la ricerca, lo sviluppo e l’innovazione, anche per recuperare il terreno perduto, saranno necessari. È da troppo tempo che il nostro sviluppo tecnologico è fermo. Dobbiamo favorire la ripartenza del settore rafforzando la componentistica, radicando in Italia lo sviluppo di nuovi sistemi, aprendo il nostro Paese anche ad altri attori dell’industria del automobile. Il lavoro è tanto. Noi siamo pronti e abbiamo una visione”!