Roma, 4 novembre 2019. Dichiarazione di Salvatore Saladino, Country Manager Italia di Dataforce, sull’ipotesi di incremento della tassazione sull’auto aziendale contenuta nella bozza della Legge di Bilancio: “Un mercato dell’auto ridotto a un milione e mezzo di auto. Come a dire un salto indietro di almeno trent’anni: altro che accelerazione del rinnovo del vetusto parco circolante nazionale. È questa la prospettiva concreta per il 2020 se dovessero essere confermate definitivamente le proposte del Governo nella Legge di Bilancio, che condurrebbero inevitabilmente alla rinuncia all’acquisto o al noleggio di nuovi veicoli da parte di molte aziende. Con tutta probabilità verrebbero a mancare non meno di 300.000 automobili nelle immatricolazioni del prossimo anno, con conseguenze immaginabili per le persone di buon senso – chiaramente non parte di questo Governo – per esempio, sul gettito Iva, che crollerebbe a precipizio. L’Esecutivo giallo-rosso capitanato dal Premier Giuseppe Conte, insomma, propone l’ennesima stangata sull’automobile, ma sembra non accorgersi che un tale provvedimento sull’auto aziendale si ritorcerebbe pesantemente proprio sulle esangui casse dello Stato. Giova rammentare ai nostri attuali governanti che il comparto automotive genera in tasse un incasso annuo per lo Stato di circa 75 miliardi (il 4,5% del Pil, quando la media europea è del 3%), di cui quasi 10 dai balzelli che gravano sulle vendite di auto nuove (Iva, Ipt e diritti della Motorizzazione), oltre naturalmente al bollo, alle tasse sull’assicurazione, alle accise sui carburanti e alle imposte sui pedaggi autostradali e sulla manutenzione. Solo di Iva e di Ipt, quindi, è ragionevole supporre un mancato introito di 1,5 miliardi di euro.
Passiamo poi ad analizzare gli effetti della stangata sulle auto aziendali che già circolano. Le auto concesse in uso promiscuo ai dipendenti (cioè in parte per utilizzo lavorativo, in parte per uso privato) saranno sottoposte al regime di fringe benefit attuale (30%) solamente se elettriche o ibride (circa il 2% del parco aziendale), mentre passeranno al 60% di imposizione se le emissioni di CO2 saranno superiori a 70 ma inferiori a 160 g/km (la maggioranza della flotta business). Nel caso l’auto aziendale superi tale soglia (un livello comunque raggiunto anche da una modesta berlina media a benzina di cilindrata attorno ai 1500 cc), l’imposta salirà al 100%. Un prelievo che sarà effettuato direttamente dalla busta paga dei circa 2 milioni di dipendenti con in uso un’auto aziendale e che assommerà in media a 1.500 euro nel caso di aumento al 60% del coefficiente per la percorrenza privata. Il provvedimento non produrrà effetti positivi per l’Erario ma sarà il definitivo fattore di recessione del comparto automotive nazionale, con conseguenze drammatiche sull’industria manifatturiera e della distribuzione. Personalmente mi sono stancato di ascoltare buffoni di ogni schieramento che, per evitare l’aumento dell’Iva, inventano provvedimenti per il bene nostro e dell’ambiente che non solo fanno danni al bene nostro e all’ambiente, ma che raggiungono l’effetto contrario per il quale sono stati creati, diminuendo il gettito per l’Erario. Sapete, mai avrei pensato di dirlo: se questo è il menù del giorno, cameriere, gentilmente, mi metta un po’ d’Iva nel piatto! Sì, Iva pura e semplice, niente strani condimenti che poi mi fa male la pancia. Grazie.”